giovedì 30 agosto 2012

Euro: si avvicina l'atto finale...

Draghi: "Potrebbero servire misure non convenzionali"

La Bce spera in un bis dei tecnici? Poi il governatore: "Necessario cedere la sovranità in alcuni aspetti di politica economica"

29/08/2012
L'assist di Draghi a Monti:
"Oltre le misure convenzionali"

Dall'Eurotower un messaggio che pare rivolto al governo dei tecnici. Cedere l'Italia al Prof e la politica monetaria alla Merkel?
Un assist a Mario Monti per un bis di governo arriva da un altro Mario, Draghi, il governatore della Bce. In un articolo pubblicato sul giornale tedesco Die Zeit, Draghi spiega che la politica monetaria del Vecchio Continente, a volte può richiedere misure eccezionali. Come una misura eccezionale, per i destini dell'Italia e dell'Europa, sarebbe il raddoppio dei tecnici, una cricostanza caldeggiata in molte stanze del potere, italiano e continentale. "La Bce - ha spiegato Draghi - farà ciò che è necessario per assicurare la stabilità dei prezzi, rimarrà indipendente e agirà sempre entro i limiti del suo mandato. Ma proprio questo mandato - sottolinea il governatore - a volte ci impone di andare oltre gli strumenti standard di politica monetaria".
Politica monetaria unica - "Quando i mercati sono frammentati o influenzati da paure irrazionali - prosegue nel suo intervento -, i nostri segnali di politica monetaria non raggiungono i cittadini in modo uniforme in tutta l'area dell'euro. Dobbiamo agire in modo da garantire una politica monetaria unica e quindi la stabilità dei prezzi per tutti i cittadini dell'area dell'euro. Questo a volte può richiedere misure eccezionali. Ma questa è la nostra responsabilità come banca centrale della zona euro".
Cedere sovranità - Secondo il governatore dell'Eurotower per rafforzare l'unione economica della zona euro "non dobbiamo scegliere fra i due estremi", rappresentati "dal ritorno al passato o dagli Stati Uniti d'Europa". Piuttosto, continua Draghi, si rende necessaria "una nuova architettura nella quale integrazione economica e politica procedano in parallelo, e la sovranità in alcuni settori specifici di politica economica può e deve essere messa in comune, rafforzando la legittimazione democratica". Cedere dunque l'Italia a Monti e la politica monetaria alla Merkel? Secondo Draghi - forse - sì.
tratto da : LiberoQuotidiano


mercoledì 29 agosto 2012

Alto livello....di incompetenza!



Almeno un terzo dei Big di partito - dice Cicchitto al quotidiano partenopeo – dovrà essere eletto in listini bloccati. Non ci possiamo permettere di non farli eleggere solo perchè la gente non li vuole più”.
I partiti hanno fatto un pessimo uso delle liste bloccate, ma senza di esse una serie di parlamentari di alto livello non sarebbero entrati o non entrerebbero più in Parlamento"
Fonte: "Linkiesta"
Difesa della casta ad oltranza! 
Sanno perfettamente che senza liste bloccate tutti i tromboni che ci hanno imposto fino ad oggi diventerebbero disoccupati perchè la gente ne ha le palle piene di sopportarli e non li voterebbe!
E comunque Sbaglia nel definirli di alto livello, poichè se veramente ce ne fosse qualcuno di alto livello non ci troveremmo in questa situazione! 
Alla fin fine sono tutti uguali, fanno i loro porci interessi, tradendo i cittadini ad ogni occasione, e nascondendosi dietro la frase più utilizzata in questi mesi: "ce lo chiede l'europa"!

lunedì 27 agosto 2012

Togli il voto a chi vota contro di te!


Hanno tradito la nostra fiducia, hanno tradito la nostra patria e lo hanno fatto alla luce del sole.
In questi mesi di governo Monti hanno dato il peggio di loro stessi, loro ed i loro partiti hanno votato leggi e ratificato trattati vergognosi, che ci costringeranno a decenni di sacrifici e che ci consegneranno ad un futuro in cui l'Italia sarà solo una colonia deindustrializzata dell'UE!

sabato 25 agosto 2012

Manifesto anti-euro di Giuseppe Trucco

articolo tratto da: cobraf

                            Dedicato alla memoria di Mariarca Terracciano



Solo fuori dall’euro l’Italia può rinascere


Manifesto anti-euro di Giuseppe Trucco

Vi anticipo che quelle che seguono sono questioni che richiedono un po’ di sforzo per
essere comprese: l’economia è una materia noiosa e comprendo che abbiate poca voglia di
scervellarvi su questo argomento, ma vi prego di provare a farlo, di sforzarvi a capire, di
non credere alle menzogne che vi diranno per indurvi a pensare che io abbia torto. E’
importante che lo facciate: se il 50% più uno degli Italiani lo avrà capito (non solo per
merito mio, ovviamente), se prima di allora l’Europa non avrà ancora trovato la maniera di
cancellare del tutto la sovranità del popolo italiano, allora abbiamo una speranza di poterci
salvare. E’ una questione di straordinaria importanza, lo ripeto, ne va della qualità
della vita vostra, dei vostri figli, dei vostri nipoti.

 

mercoledì 22 agosto 2012

Aiuti non convenzionali...


TEMPESTA PERFETTA: RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

TEMPESTA PERFETTA: RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI: QUANDO L’ITALIA SI DECIDERA' AD USCIRE DALL'EURO...:

L’afa continua ad imperversare sulla nostra penisola e secondo le più accreditate previsioni meteo durerà fino a fine agosto. Fa caldo, molto caldo, e i tecnocrati e politicanti europei, fra cui il nostro presidente del consiglio Mario Monti, hanno approfittato di questo lungo periodo di pax olimpica per godersi delle immeritate vacanze: dopo 4 anni precisi dall’inizio della crisi finanziaria in Europa queste macchiette che si atteggiano a statisti non sono riusciti a risolvere nemmeno uno dei punti più spinosi della questione e non sono stati capaci di mettere un argine all’ondata di recessione economica che ha travolto il vecchio continente. Un vero record di incompetenza e inettitudine. Se non fosse stato per la presenza della banca centrale BCE, che ogni volta ha rimandato con le sue discutibili  operazioni di politica monetaria il momento del tracollo, l’eurozona sarebbe già stata un triste ricordo da archiviare in fretta nell’immensa collezione dei colossali fallimenti della storia umana. Nata con il pretesto di unire e pacificare i popoli, l’eurozona è riuscita nel difficile intento di risvegliare gli attriti e le tensioni sopite che circolavano sottotraccia fra i paesi membri di questa sconclusionata ammucchiata di faccendieri, affaristi e lobbisti. Anche questo, a suo modo, è un record ineguagliabile.


Ad ogni modo, data la scarsa rilevanza dei fatti accaduti in questi ultimi giorni, approfitto anche io del periodo di tregua per fare il punto della situazione e abbozzare un riassunto delle puntate precedenti, che possa aiutare chi si avvicina per la prima volta a questo lungo interminabile racconto del misfatto e chi invece si è perso qualche pezzo durante il tragitto. Di questi tempi il volume degli scambi in borsa è talmente basso che qualunque dato su spread, indici e tassi di cambio non ha alcuna significatività, ma serve solo alla propaganda di regime per accendere facili entusiasmi fra i lettori e gli ascoltatori più distratti. Quindi nella nostra analisi ci riferiremo soprattutto a dati e serie storiche, trascurando del tutto la situazione congiunturale (per intenderci, che lo spread in questi ultimi giorni sia sceso sotto i 420 punti base per me non significa assolutamente nulla, mentre mi interessa molto di più l’andamento dello spread in questi ultimi mesi). Dato che alcuni lettori mi hanno legittimamente accusato di essere confuso e ambiguo nelle mie descrizioni, mi sembrava opportuno fare un po’ di chiarezza sulle premesse dei miei discorsi per dissipare le ombre che qualcuno ancora si ostina a vedere nelle conclusioni. Iniziamo...(continua)
tratto da: TempestaPerfetta

lunedì 20 agosto 2012

L'euro fa male...digli di smettere!

Da oltre un decennio è il mezzo con cui stanno distruggendo le nostre vite, il nostro paese, il nostro futuro...

domenica 19 agosto 2012

Alla conquista dell'europa...

Germania,no aiuti senza rispetto impegni

Ministro economia tedesco,euro non fallisca per mancanza riforme

19 agosto, 15:59
Germania,no aiuti senza rispetto impegni (ANSA) - ROMA, 19 AGO - ''Chiunque attui una decisiva politica di riforme, ottiene la solidarieta' europea. Chi non rispetta le regole e rompe gli accordi siglati non puo' attendersi aiuti finanziari''. Non viene mai citata, ma il messaggio alla Grecia dal ministro tedesco dell'economia, Philipp Roesler e' chiaro: ''l'Europa e l'euro non possono fallire per colpa di chi blocca le riforme'', dichiara allo Spiegel Online.

sabato 18 agosto 2012

L'euro è irreversibile...


Un lento declino...


In questo grafico proveniente dalla relazione annuale della banca d'italia del 2011 si può osservare il confronto fra le produzioni industriali delle nazioni europee.
Si può osservare come nel 2001 l'Italia a moneta sovrana primeggiava in europa, e di come dopo il disgraziato decennio dell'euro sia nelle ultime posizioni.
A differenza della Germania, che ne ha tratto il beneficio maggiore, da una moneta creata su misura per la propria economia.
Occorre un rapido ripensamento sull'unione europea, occorre imboccare al più presto una via d'uscita dall'euro, tornare alla nostra piena sovranità monetaria per il benesere dell'Italia, e non di un pugno di speculatori!

sabato 11 agosto 2012

Zero probabilità di default...



Uno stato a moneta sovrana non può fallire, gli stati uniti sono uno stato a moneta sovrana, la FED può stampare dollari per ripagare i debiti, deve prestare attenzione all'inflazione, ma non è possibile il default.
E l'Italia?
Prima dell'euro l'Italia è stata una nazione a moneta sovrana, aveva la Lira.
L'euro è una moneta "straniera" che non appartiene a nessuna nazione che fa parte dell'unione europea, nessuno stato può stampare banconote in euro, solo la BCE ha questa facoltà.
Quindi ne consegue che le nazioni che non hano il controllo della propria moneta siano destinate al fallimento se non reperiscono il denaro necessario.
E' anche per questo motivo che è imperativo uscire tempestivamente dall'euro, liberarci dal cappio che hanno messo al collo dell'italia tramite la moneta unica, ritornare un paese a moneta sovrana e con le nostre piene sovranità!

giovedì 9 agosto 2012

è tempo di rifarsi una verginità?

Promesse, promesse, sempre promesse; nella corsa al potere le promesse fatte in campagna elettorale sono fondamentali...
Peccato però che molte volte le promese fatte rinneghino quello che di materiale è stato fatto in precedenza.
Ad esempio Alfano dice cose giuste:

...il Pdl non è "a favore di una svendita di Eni, Enel e Rai. Bisogna valutare, caso per caso,partecipazione dello stato e asset non strategici". Infine, Alfano ribadisce che "noi come partito non siamo degli euro tappetini, se i sacrifici ce li chiede l’Ue per gli interessi della Germania e della Francia noi diciamo no. Il punto centrale non è chiedere sacrifici agli italiani ma fare cambiare la rotta alla Bce. Non perché non vada bene quella di Mario Draghi ma perché finora il suo mandato si è esercitato nei limiti dello statuto della Banca centrale europea"...tratto da: IlGiornale
Peccato che voti per sostenere il governo monti, che queste svendite vuole farle, anche perché è per questo che è stato messo lì...
Non siete euro-tappetini? troppo divertente! diciamo che tutti i partiti che sorreggono monti e anche quelli dell'opposizione sono euro-zerbini! Dopo aver ceduto le NOSTRE sovranità, dopo aver ratificato trattati che ci danneggiano, dopo aver votato per le manovre lacrime e sangue che ci stanno distruggendo, che ci trasformeranno in una nuova Grecia avete ancora il coraggio di parlare?
Avete ancora il coraggio di fare promesse fasulle sapendo che comunque l'italia rimanendo dentro l'euro sarà SEMPRE subordinata all'UE?
Avete ancora il coraggio di apparire in TV a parlare dei problemi dell'economia fregandovene dei problemi della gente?
L'unica cosa che dovreste realmente fare è VERGOGNARVI!


mercoledì 8 agosto 2012

Violare la costituzione per distruggere l'Italia...

Per entrare in Europa abbiamo VIOLATO LA COSTITUZIONE. Ecco perché la Corte Costituzionale tace

Europa

 di Paolo Becchi

 In alcuni recenti interventi (ndr: "Uscire dall'Europa si può" e "Euro, lasciate ogni speranza o voi che entrate"), mi sono chiesto se uscire dall’Euro e dall’Europa fosse davvero impossibile. Uscire è possibile, ne ho concluso. Ma, rispondendo a quest’ultima domanda, un’altra ne è immediatamente seguita: ed entrarne? Come siamo entrati in Europa e, soprattutto, era possibile entrarvi nel modo in cui lo abbiamo fatto?


 L’adattamento dell’ordinamento italiano al diritto dell’Unione europea è avvenuto senza mai modificare formalmente la nostra Costituzione. Diversamente, le sempre più penetranti cessioni di sovranità sono avvenute attraverso una lettura “forzata” dell’art. 11 della Costituzione, avallata dalla Corte Costituzionale. L’art. 11 Cost., in realtà, si limita a dichiarare che l’Italia «consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». L’adattamento ai trattati avviene, in concreto, attraverso l’ “ordine di esecuzione”, il quale solitamente è contenuto nella legge di autorizzazione alla ratifica: i trattati, pertanto, entrano nell’ordinamento italiano assumendo il rango della fonte che ha dato loro esecuzione ossia la legge ordinaria. Così è avvenuto con il Trattato di Lisbona, ultimo passo, nel processo di integrazione europea, al quale è stata data esecuzione con legge ordinaria (L. 2 agosto 2008, n. 130). Nel nostro Paese, pertanto, i trattati internazionali – ivi compresi quelli relativi all’Unione Europea – dovrebbero avere semplice rango di legge e, come tali, non potrebbero mai essere in contrasto con la Costituzione. In altri Stati europei le cose stanno diversamente.

 In Francia, ad esempio, è previsto espressamente che «les traités ou accords régulièrement ratifiés ou approuvés ont, dès leur publication, une autorité supérieure à celle des lois» (art. 55). In Germania, invece, la ratifica del Trattato di Lisbona è avvenuta attraverso l’adozione di due leggi costituzionali, le quali sono state, peraltro, sottoposte al controllo della Corte Costituzionale tedesca in quanto ritenute in contrasto con la Costituzione. L’art. 23 della Costituzione tedesca prevede esplicitamente la partecipazione della Repubblica federale tedesca «allo sviluppo dell´Unione europea», ferma la presenza di una serie di “controlimiti” all’applicazione del diritto comunitario, il cui fondamento è, in particolare, il principio democratico, il quale deve sempre essere rispettato.

 Rispetto ai meccanismi previsti da Paesi quali Francia e Germania, l’Italia aveva, evidentemente, due problemi fondamentali: da un lato, l’assenza di una espressa previsione costituzionale avente ad oggetto i rapporti con l’Unione europea; dall’altro, la natura di legge ordinaria con cui si è sempre proceduto a dare applicazione ed esecuzione ai trattati internazionali. Che l’art. 11 Cost. non fosse sufficiente a garantire una “copertura” al diritto comunitario, lo stesso legislatore ne è stato consapevole, tanto da modificare, con una legge costituzionale (L. n. 3/2001), l’art. 117 Cost., dedicato ai rapporti tra Stato e Regioni, disponendo che «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Si tratta, in realtà, di una disposizione che non risolve e non garantisce un fondamento costituzionale ai trattati, tanto che, ancora oggi, la Corte Costituzionale continua ad argomentare il principio del “primato” del diritto comunitario sul diritto interno sulla base dell’art. 11 Cost. (cfr. Corte Cost. n. 248/2007).

 Nei rapporti con l’Unione Europea, è l’art. 11 Cost. che esclude che la norma comunitaria possa limitarsi a valere quale “legge ordinaria” nel nostro ordinamento. A partire, infatti, dalla sentenza Granital del 1984, la teoria “dualistica” ha consentito di sostenere che le norme comunitarie sono estranee al sistema italiano delle fonti ed assumono forza giuridica ad esse attribuita nell’ordinamento di origine (l’ordinamento italiano e quello europeo sarebbero «autonomi e distinti, ancorchè coordinati, secondo la ripartizione di competenza stabilita e garantita dal Trattato»: le norme comunitarie restano pertanto tali anche quando fanno ingresso nel nostro Paese, e prevalgono sulle norme interne sulla base del principio di “competenza”).

 Nella sua interpretazione ormai consolidata, la Corte Costituzionale continua a sostenere che «con l’adesione ai Trattati comunitari, l'Italia è entrata a far parte di un “ordinamento” più ampio, di natura sopranazionale, cedendo parte della sua sovranità, anche in riferimento al potere legislativo, nelle materie oggetto dei Trattati medesimi». Ma quale parte della sua sovranità? La Costituzione italiana si riferisce alla “sovranità” sia all’art. 1 – stabilendo che essa appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione – che all’art. 11, il quale, come visto, consente le limitazioni di sovranità necessarie a garantire il funzionamento di un ordinamento internazionale che assicuri pace e giustizia nel mondo. Appare evidente come l’art. 1 e l’art. 11 si riferiscano, in realtà, ai due differenti aspetti propri della “sovranità”, nel suo concetto classico: l’art. 1 alla sovranità interna, ossia al rapporto tra lo Stato e quanti risiedono sul proprio territorio; l’art. 11 alla sovranità esterna, ossia ai rapporti dello Stato con gli altri Stati o organizzazioni internazionali. Varrebbe peraltro la pena di ricordare come, in sede di Commissione per la Costituente, si scelse di omettere, nella formulazione dell’art. 11, ogni esplicito riferimento all’unità europea, come invece aveva chiesto l’onorevole Lussu. Le limitazioni di sovranità dovevano riferirsi unicamente allo Stato nei suoi rapporti internazionali (ONU). L’art. 11 Cost., pertanto, non può essere interpretato nel senso voluto dalla Corte Costituzionale, ossia come “copertura” di rango costituzionale alle sempre più profonde cessioni di aspetti tipici della sovranità interna in favore dell’Unione Europea. L’art. 11 non limita la sovranità del popolo, ma solo quella dello Stato in rapporto agli altri Stati.

 È questa linea di separazione fondamentale tra sovranità interna ed esterna che deve fondare il rapporto con l’Unione Europea, e non certo la teoria dei “controlimiti” fatta propria dalla Corte Costituzionale, secondo la quale le norme comunitarie incontrerebbero, nella loro applicazione interna, il «solo limite dell'intangibilità dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione». Limiti all’ingresso delle norme internazionali e comunitarie sarebbero pertanto costituiti unicamente dai «valori fondamentali dell’ordinamento costituzionale italiano e dai diritti inviolabili dell’uomo». Si tratta di una teoria debole, che non tiene conto del fatto che la sovranità interna non riguarda soltanto i “princìpi” dell’ordinamento, ma le potestà fondamentali che caratterizzano lo Stato nei suoi rapporti con i suoi cittadini e con il territorio: legislazione, amministrazione della giustizia, moneta, politiche economiche e sociali. L’art. 11 Cost. non consentiva la rinunzia, la cessione di queste “porzioni” di sovranità – realizzate peraltro attraverso semplici leggi ordinarie al contempo sottratte ad ogni possibilità di controllo di costituzionalità.

 In Germania, il Meccanismo europeo di stabilità (MES) verrà vagliato dalla Corte Costituzionale, che dovrà giudicarne la compatibilità con la Costituzione. In Italia, è stato invece immediatamente ratificato ed eseguito, senza nessuna discussione: non ci sarà su di essi nessun controllo di costituzionalità. La teoria “dualistica” è stato un artificio giuridico, un grande “racconto” che non aveva alcuna base nella nostra Costituzione e che è servito a giustificare e legittimare l’automatico adattamento dell’Italia alle sempre più invasive disposizioni dell’Unione Europea. Uscire dall’Europa è possibile. Entrarne, nel modo in cui è avvenuto, è stato invece costituzionalmente illegittimo.
tratto da ByoBlu


L'unione europea colpisce ancora!

Addio sapori antichi: L’UE mette al bando le sementi tradizionali

In una sentenza del 12 Luglio, la Corte di Giustizia dell’ Unione Europea, ha confermato il divieto di commercializzare sementi di varietà tradizionali che non siano state iscritte nel catalogo ufficiale europeo. E’ la sconfitta delle associazioni volontarie impegnate nella salvaguardia della varietà delle piante antiche, l’unica alternativa che avevamo a sementi inustriali ed OGM.

Le sementi tradizionali sono il risultato di millenni di selezione derivati dall’esperienza agricola umana, un tesoro che si è conservato nei secoli protetto dagli agricoltori; queste sementi riassumono in sé la memoria storica e biologica dell’agricoltura e racchiudono un patrimonio genetico molto vasto che determina la biodiversità dei prodotti agricoli. Dal 1998 però è in vigore una direttiva comunitaria europea che riserva la commercializzazione e lo scambio di sementi alle ditte sementiere vietandolo agli agricoltori, in questo modo ciò che i contadini hanno fatto per millenni è diventato improvvisamente un reato. L’intero mercato mondiale delle sementi è oggi quasi totalmente gestito da sette aziende multinazionali che detengono i brevetti e che si occupano contemporaneamente (e paradossalmente) della produzione di sementi, veleni per l’agricoltura e OGM. Come si è arrivato a questo? Considerando che l’iter per registrare un nuovo semente richiede circa 12-15 anni di lavoro e costare fino a 1 milione di euro, è semplice capire che parliamo di capitali di cui può disporre solo una grande azienda e non un piccolo agricoltore. Negli ultimi anni un progetto di recupero delle tradizioni culturali rurali, diverse associazioni di Seed Salvers (salvatore di semi) si erano impegnate nella salvaguardia della varietà delle piante antiche, salvandole dall’estinzione e coltivandole in orti su piccola scala. Il pregio di queste varietà di semi deriva dall’elevato valore nutritivo dei prodotti che producono e dal loro facile adattamento all’agricoltura eco-compatibile.

La sentenza del 12 luglio della Corte di Giustizia europea, arriva in risposta ad una controversia tra due imprese francesi, l’associazione no-profit Kokopelli e un produttore di sementi Graines Baumaux sas. La Graines Baumaux sas aveva denunciato la Kokopelli accusandola di commercializzare sementi non iscritte nei cataloghi ufficiali; le sementi in questione sono di varietà arcaiche. Inizialmente la Corte di Giustizia aveva sentenziato che: “L’assenza di una semente dal catalogo non è indice del fatto che non sia “buona”, perché le norme che ne regolano l’iscrizione non riguardano alla futura la salubrità delle piante, ma a logiche commerciali.” nel caso specifico la commercializzazione di varietà arcaiche rientrava nella deroga prevista dalla direttiva 2009/145/CE, assolvendo di fatto la Kokopelli. Ma il 12 Luglio, a seguito del ricorso della gigante Graines Baumaux sas la Corte ribalta il verdetto e sancisce :‘’l’obbligo d’ iscrizione ufficiale di una varietà vegetale per la sua commercializzazione, così come previsto dalle direttive sementiere, non viola i principi del libero esercizio di un’attività economica e della libera circolazione delle merci, e nemmeno interferisce con gli impegni presi per la tutela delle risorse fitogenetiche.’’ La”Graines Baumaux” ha chiesto ai giudici francesi di imporre a Kokopelli di pagare 100 mila euro per danni e inoltre – esplicitamente –”la cessazione di tutte le attività dell’associazione”, pericolosa per il business. La Corte europea ha motivato e giustificato il suo verdetto a favore della Graines Baumaux sostenendo che il divieto del commercio delle sementi antiche e tradizionali ha l’obbiettivo di ottenere ‘’una accresciuta produttività agricola’’ come se l’Europa fosse affollata di popolazioni malnutrite, bisognose di aumentare le loro rese alimentari.
Si dimostra soddisfatta l’Assosementi (associazione italiana dell’industria sementaria); di fatto però, non si può che prendere atto che con questa sentenza si mettono fuorilegge tutte le associazioni di volontari impegnati nel recupero delle varietà antiche e tradizionali – alcune anche Italiane – che commettono il ‘’crimine’’ di preservare e distribuire a chi le chiede sementi fuori del catalogo ufficiale.

A dire il vero, la Corte di Giustizia ha preso la sua decisione contrariamente al suo Avvocato Generale che, nella memoria depositata il 19 maggio precedente, rilevava che ‘’la registrazione obbligatoria di tutte le sementi nel catalogo ufficiale era una misura sproporzionata e violava i principi della libertà di esercizio dell’attività economica, della non-discriminazione e della libera circolazione delle merci’’. Violando praticamente uno dei tre dogmi del liberismo. La sconfitta Kokopelli, secondo questo principio si chiede: ‘’Perchè non esiste un registro ufficiale dei bulloni e delle viti? Forse perchè non c’è una Monsanto della minuteria metallica. Sottomettere le sementi ad una procedura del genere, che esiste ed è giustificata per i medicinali e i pesticidi, ha evidentemente il solo scopo di eliminare alla lunga le varietà di dominio pubblico, e quindi liberamente riproducibili, per lasciare in campo solo quelle brevettabili’’.
 articolo tratto da: www.retesalvaguardiaterritorio.it

lunedì 6 agosto 2012

Il Manifesto di Oscar...

Come Mai Tutti Questi che Firmano il Manifesto di Giannino non Capiscono ?
 C'è Oscar Giannino che deve avere molti amici in Italia perchè ha lanciato il suo manifesto "Fermare il Declino" e in tre giorni ha già centinaia di adesioni di tanti professori, dirigenti e imprenditori.Il programma economico punta sul ridurre la spesa pubblica, ridurre il debito pubblico privatizzando e vendendo beni pubblici e ridurre poi le tasse di un ammontare (forse) proporzionale. Lasciamo stare che non dice niente sulla globalizzazione e delocalizzazione, sui dazi alla Cina, sul potere delle banche, sul peso del debito pubblico (anche privatizzando beni pubblici invece di 2000 miliardi ne avrai 1900 di debito), sull'immigrazione indiscriminata che deprime i salari... Limitiamoci alle proposte di "liberismo" di GianninoSe tu riduci stipendi, pensioni e spese varie di enti pubblici, tagliando auto blu, province, dipendenti Regione Sicilia e Ministeri, sussidi ai giornali ecc... fai una cosa meritoria. Però riduci di tot miliardi la spesa, diciamo 10 miliardi di euro in meno. Se tu anche (per miracolo) riduci di questi 10 miliardi ad es l'Irpef e i contributi INPS fai una cosa meritoria. Però riporti in circolazione gli stessi 10 miliardi che prima venivano spesi dal dipendente del Ministero super-pagato e oggi ritornano in tasca ad un dipendente privato o artigiano. IL TOTALE DEI SOLDI IN CIRCOLAZIONE NON CAMBIA. Per cui le imprese o autonomi o professionisti o altri che devono fatturare, vendere, avere clienti... incontrano la stessa domanda, la stessa spesa di oggi.Al momento in Italia c'è un deficit di spesa, di domanda, pari almeno al 10% del PIL, cioè si potrebbero immediatamente produrre beni e servizi in più di un 10%, SE CI FOSSERO I SOLDI. L'economia moderna si basa sulle vendite, sul fatturare, sullo spendere soldi per ricevere beni e servizi, sul denaro che viene speso e circola. Nel migliore dei casi, se riuscissi a ridurre delle spese pubbliche e a tagliare un poco delle tasse in Italia, la spesa e la produzione rimarrebbero più o meno uguali. Cioè rimarresti in depressione. Questo manifesto sarebbe OK se l'Italia NON fosse in depressione. Cioè oggi abbiamo la produzione industriale giù del -24% rispetto a cinque anni fa, almeno due milioni di disoccupati e sottoccupati, stipendi e salari più bassi in termini reali di dieci anni fa e migliaia di aziende e esercizi commerciali che stanno fallendo. Per cui devi a tutti i costi disperatamente far entrare moneta, spesa, domanda, dare lavoro, trovare clienti che pagano, vendite, fatturato. Altrimenti resti in depressione.Come mai tutti questi dirigenti, professori e anche imprenditori che firmano il manifesto di Giannino non lo capiscono ? Oggi su Reuters ad esempio c'è il commento di Anatole Kaletsky: "Quantitative Easing for the People" che lo spiega in modo cristallino. Anche Kaletsky chiede che si emetta moneta per darla alla gente e non alle banche ("...Giving away free money may sound too good to be true or wildly irresponsible, but it is exactly what the Fed and the BoE have been doing for bond traders and bankers since 2009. Directing QE to the general public would not only be much fairer but also more effective...)
 Articolo tratto da Cobraf

domenica 5 agosto 2012

Contro l'europa delle banche!

Monti a Merkel, preoccupato risentimento antitedesco

Intervista a Spiegel, timori per atteggiamento parlamento Italia

05 agosto, 12:04
Monti a Merkel, preoccupato risentimento antitedescoBERLINO - "Nei mesi scorsi mi ha molto preoccupato, e l'ho raccontato alla cancelliera Merkel, il crescente risentimento del Parlamento" italiano "contro l'Europa, contro l'euro e contro i tedeschi". Lo ha detto Mario Monti in un'intervista allo Spiegel ribadendo i timori che l'euro diventi un fattore disgregante.
tratto da ANSA


venerdì 3 agosto 2012

Noi lo sappiamo cosa vorremmo tagliare...


I tagli che si apprestano ad operare con la complicità dei partiti non risolveranno i problemi dell'Italia,
di contro i tagli che i cittadini vorrebbero fare punterebbero a dimezzare i parlamentari attuali, e soprattutto a pagarli in proporzione a quello che fanno per il bene della nazione (ok, in questo caso dovrebbero pagarci loro, visto che degli italiani non gliene frega niente...).
I tagli che faranno ricadranno sulle nostre spalle, alla fine pagheremo noi il conto, e questo non va assolutamente bene!
Recentemente monti ha affermato:
«Lo spread alto non porta a buone politiche e a riforme ma all'esatto opposto perché posso assicurare che se lo spread rimarrà alto per qualche tempo, andrà al potere in Italia un governo non europeista, antieuro e non favorevole alla disciplina di bilancio».
Perchè, finora ci sono state buone riforme e politiche?
Anzi, lo spread è sempre stato in crescendo da quando monti è premier, le riforme da lui fatte e le politiche europeiste da lui perseguite hanno portato in questi giorni lo spread a toccare livelli altissimi, gli stessi che portarno berlusconi alle dimissioni.
Ed è il caso di notare come ci sia sempre stato un governo filo europeo al comando, e di come le cose siano sempre andate peggiorando,
Sarebbe un male che in Italia andasse al potere un governo "non europeista, antieuro e non favorevole alla disciplina di bilancio"?
Sarebbe un male fare una profonda riflessione di un opportunità di uscita dalla moneta unica alla luce di quanto detto da nobel e economisti di livello mondiale per cui per l'Italia sarebbe un bene uscire dall'euro?
O si vuole perseverare nell'errore continuando la strada dell'euro che ci porterà, quando usciremo dal tunnel, in un profondo baratro?

giovedì 2 agosto 2012

L'incoerenza regna sovrana...

E' già tempo di campagna elettorale e il PD si è subito mosso. Il sito "Agoravox" ha "tradotto" la "Carta di Intenti" presentata da Bersani, trovandovi cose molto incoerenti...
Quando saremo chiamati al voto (ma soprattutto SE ci faranno votare...) dobbiamo fare lo sforzo di non credere alle promesse che ci faranno, e dovremmo fare lo sforzo ancor più grande di ricordarci cosa hanno fatto e stanno facendo lorsignori, PD, PDL e compagnia...ricordatevi che chi ci ha trascinato nel baratro non può tirarci fuori!

La carta di intenti del PD "Italia. Bene Comune" spiegata ai comuni mortali

Può essere utile fornire ai lettori una "traduzione" della Carta di Intenti presentata martedì da Pier Luigi Bersani, segretario del Partito Democratico. La carta di intenti è stata intitolata - con un imponente sforzo creativo - "Italia. Bene comune": un modo come un altro per tentare di strizzare l'occhio agli elettori di sinistra del PD, appropriandosi del concetto di "Beni Comuni" e di una battaglia che, allo stato attuale, è tra le più distanti dalla linea politica del Partito Democratico, che praticamente ovunque ha dato il là alle più selvaggie privatizzazioni (a Torino come a Genova, per fare due esempi). Altro che beni comuni...
La carta di intenti si apre con "L’Italia ce la farà se ce la faranno gli italiani. Se il paese che lavora, o che un lavoro lo cerca, che studia, che misura le spese, che dedica del tempo al bene comune, che osserva le regole e ha rispetto di sé, troverà un motivo di fiducia e di speranza". Che è esattamente come dire che la pace è bella, la guerra è brutta, le margheritine profumano, l'acqua è bagnata. Ma vabbè, serviva un modo per introdurre i noccioli programmatici del patto tra "democratici e progressisti".
Veniamo dunque alla traduzione per "comuni mortali" di "Italia. Bene comune". Le parti scritte in corsivo sono stralci del documento originale redatto dagli strateghi del Partito democratico, a cui seguiranno alcuni chiarimenti fondati su dati oggettivi. Naturalmente procederemo per "stralci", concentrandoci sui punti cruciali e ignorando quelli maggiormente "retorici" o discorsivi.
1. VISIONE 
"Noi non crediamo all’ottimismo delle favole, quello venduto nel decennio disastroso della destra. Crediamo, invece, in un risveglio della fiducia e soprattutto nel futuro degli italiani, a cominciare dai più giovani e dalle donne. I problemi sono enormi e il tempo per aggredirli si accorcia. Le scelte da compiere non sono semplici né scontate". 
In realtà il PD e il PDL sostengono insieme, come è noto, il Governo Monti. I due partiti, apparentemente avversari, stanno di fatto governando insieme il Paese: hanno infatti votato a favore tutte le più significative misure approvate dal Governo. A titolo esemplificativo: il 30 novembre vi è stato il sì unanime della Camera in prima lettura al ddl costituzionale contenente il pareggio di bilancio in Costituzione approvato con 464 sì, nessun contrario e 6 astenuti. Il testo era già stato approvato unanimemente dal Senato con 255 sì nessun contrario e 14 astenuti. Ma PD e PDL si sono trovati d'accordo anche su tutti gli altri provvedimenti: dalla riforma del mercato del lavoro alla spending review, passando per la recentissima approvazione del fiscal compact. Tutte misure spacciate per "risolutive della crisi" che, tuttavia, hanno incrementato povertà e disoccupazione.
"La realtà è che mai come oggi nessuno si salva da solo. E nessuno può stare bene davvero, se gli altri continuano a stare male: è questo il principio a base del nostro progetto, sia nella sfera morale e civile che in quella economica e sociale.
Bello, bellissimo, se non fosse che il PD ha recentemente approvato la modifica dell'articolo 18, che di fatto facilita la libertà di licenziamento, anche in assenza di giusta causa. Giorgio Cremaschi spiegò i risvolti in un chiarissimo articolo, mentre il "rottamatore" Matteo Renzi, laconicamente, dichiarò: "Per usare un tecnicismo, a me dell’articolo 18 non me ne pò frega' de meno". E' in questo modo che il PD intende appiattire il dislivello tra chi sta bene e chi sta male? Strano modo.
Vogliamo che il destino dell’Italia sia figlio della migliore civiltà dell’Europa e che insieme riscopriamo la necessità di sentirci vicino a chi nel mondo si batte per la libertà e l’emancipazione di ogni essere umano. Lo scriviamo nella coscienza che la grandezza e la tragedia del ‘900 in Europa si misurano in una sola parola: la pace. La conquista faticosa di un continente che, con la tragica eccezione dei Balcani, ha conosciuto nella seconda metà del secolo la sua riconciliazione". 
Anche qui, Bersani e soci non dicono che in realtà l'Italia è un Paese in guerra, che ha bombardato la Libia dell'ex amico Gheddafi e oggi sta bombardando l'Afghanistan, come rivelato a Il Giornale proprio da un pilota di Caccia. La pace a casa nostra è la guerra in casa di altri, con il suo contorno di vittime civili. Per non parlare dell'acquisto dei Caccia F-35, nei confronti del quale il PD ha talvolta, ma solo blandamente, levato qualche protesta.
 
2. DEMOCRAZIA
Dobbiamo sconfiggere l’ideologia della fine della politica e delle virtù prodigiose di un uomo solo al comando. E’ una strada che l’Italia ha già percorso, e sempre con esiti disastrosi. In democrazia ci sono due modi di concepire il potere. Usare il consenso per governare bene. Oppure usare il governo per aumentare il consenso. La prima è la via del riformismo. La seconda è la scorciatoia di tutti i populismi e si traduce in una paralisi della decisione.
Vero. Solo che possiamo prendere la Val di Susa come esempio di un'opera costosissima e priva del benché minimo consenso popolare, imposta dall'alto e per niente discussa con il territorio. I No Tav, nel frattempo, hanno allargato la loro base di sostenitori in tutta Italia e soprattutto prodotto documenti con il sostegno di importanti studiosi che dimostrano come il progetto dell'alta velocità sia oggettivamente assurdo e ingiustificato. Bersani, mesi fa, riassunse così la posizione del suo partito: Il PD è pronto a discutere con tutti, ma poi si fa come diciamo noi. Bell'esempio di democrazia.
Per noi il populismo è il principale avversario di una politica autenticamente popolare. In questi ultimi anni esso è stato alimentato da un liberismo finanziario che ha lasciato i ceti meno abbienti in balia di un mercato senza regole. La destra populista ha promesso una illusoria protezione dagli effetti del liberismo finanziario innalzando barriere culturali, territoriali e a volte xenofobe. Anche quando questo populismo ha pescato il suo consenso all’interno di un disagio diffuso e reale, il suo esito è sempre stato antipopolare.
La critica al liberismo finanziario è apprezzabile. Ma giova ricordare che il PD ha appena provato il Fiscal Compact, la più importante misura economica - di stampo liberista - varata dal Governo Monti che, di fatto, impone all'Italia manovre finanziarie da 45-50 miliardi di euro all'anno per i prossimi 20 anni. Dove verranno trovati quei soldi? La strada è stata segnata: riduzione dello stato sociale e privatizzazioni. Alla faccia dei beni comuni: più "finanza" di così si muore...
 
3. EUROPA
La crisi che scuote il mondo mette a rischio l’Europa e le sue conquiste di civiltà. Ma noi siamo l’Europa, nel senso che da lì viene la sola possibilità di affrancare l’Italia dai guasti del collasso liberista, e quindi le sorti dell’integrazione politica

coincidono largamente col nostro destino. Insomma non c’è futuro per l’Italia se non dentro la ripresa e il rilancio del progetto europeo. La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l’Europa.
Per riuscirci agiremo in due direzioni. In primo luogo, rafforzando la piattaforma dei progressisti europei. Se l’austerità e l’equilibrio dei conti pubblici, pur necessari, diventano un dogma e un obiettivo in sé – senza alcuna attenzione per occupazione, investimenti, ricerca e formazione – finiscono per negare se stessi. Adesso c’è bisogno di correggere rotta, accelerando l’integrazione politica, economica e fiscale, vera condizione di una difesa dell’Euro e di una riorganizzazione del nostro modello sociale.
Ma il rigore dei conti pubblici chi l'ha votato, se non il PD, arrivando a imporre il Pareggio di Bilancio in Costituzione?
 
4. LAVORO
(...) La battaglia per la dignità e l’autonomia del lavoro, infatti, riguarda oggi il lavoratore precario come l’operaio sindacalizzato, il piccolo imprenditore o artigiano non meno dell’impiegato pubblico, il giovane professionista sottopagato al pari dell’insegnante o del ricercatore universitario.
Il primo passo da compiere è un ridisegno profondo del sistema fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari. Quello successivo è contrastare la precarietà, rovesciando le scelte della destra nell’ultimo decennio e in particolare l’idea di una competitività al ribasso del nostro apparato produttivo, quasi che rimasti orfani della vecchia pratica che svalutava la moneta, la risposta potesse stare nella svalutazione e svalorizzazione del lavoro. Il terzo passo è spezzare la spirale perversa tra bassa produttività e compressione dei salari e dei diritti, aiutando le produzioni a competere sul lato della qualità e dell’innovazione, punti storicamente vulnerabili del nostro sistema.
Sulla prima parte nulla da obiettare. Non ci sono in Italia formazioni politiche che non considerino "classe subalterna" non solo gli operai, ma anche impiegati, piccoli artigiani, lavoratori precari di tutti i settori. Ma sulla seconda parte appare quantomeno scorretto dare la colpa dell'eccessiva precarizzazione ai governi di centro-destra: basta ricordare che il "pacchetto Treu" fu ideato in un governo di centro-sinistra e che negli ultimi 10 anni il Governo Prodi ha avuto le sue responsabilità. Per non parlare della già menzionata manomissione dell'articolo 18, o della "compressione dei diritti" voluta dal ministro Fornero e votata dal PD. La Fornero, per giunta, fu quella che qualche settimana fa dichiarò: "Il lavoro non è più un diritto". 
 
6. SAPERE

Abbiamo letto per intero questo capitolo, e a fianco alle parole scuola, istruzione o ricerca non compare mai l'aggettivo "pubblica". Sarà una svista? Difficile che lo sia: intanto, mentre il PD denuncia lo scontento di un personale docenti sottopagato, parecchi presidenti di Provincia hanno lamentato la drammatica condizione in cui versano alcuni istituti, molti dei quali rischiano di non essere agibili in autunno: uno, recentemente, è stato Antonio Saitta (Partito Democratico), della provincia di Torino, che ha dichiarato: "Con i tagli previsti dalla spending review non siamo nelle condizioni di assicurare l’apertura dell'anno scolastico". Okay, ma la spending review chi l'ha votata? Indovinate... 
 
8. BENI COMUNI
La difesa dei beni comuni è la risposta che la politica deve a un bisogno di comunità che è tornato a manifestarsi anche tra noi. I referendum della primavera del 2011 ne sono stati un’espressione fondamentale. È tramontata l’idea che la privatizzazione e l’assenza di regole siano sempre e comunque la ricetta giusta. 
Vorremmo credergli, ma i recenti fatti di Torino e Genova, i cui sindaci intendono vendere importanti quote azionarie delle società di trasporti ad aziende private, non rassicurano. Certo, si dirà: "A Torino venderemo il 49%, il restante 51 rimane in mano pubblica", ma sullo strapotere dei privati, anche in minoranza, si è discusso abbondantemente anche l'anno scorso prima del Referendum ed è inutile ripetersi. 
 
Intanto è utile sapere che il premier Monti ha dichiarato recentemente: "Non solo non escludiamo la cessione di quote dell’attivo del settore pubblico, ma la stiamo preparando come abbiamo già annunciato e presto seguiranno degli atti concreti: abbiamo predisposto dei veicoli, fondi immobiliari e mobiliari attraverso i quali convogliare in vista di cessioni attività mobiliari e immobiliari del settore pubblico, prevalentemente a livello regionale e comunale”. E in fondo è normale: hanno approvato il fiscal compact, devono per forza di cose fare cassa e devono svendere patrimonio pubblico. Abbiamo già spiegato che il PD ha votato favorevolmente a questo provvedimento.
 
Insomma, ancora una volta, l'ennesima, il partito Democratico sembra giocare con i cittadini. Con una mano ha scritto una carta di intenti apparentemente "di sinistra" - a partire dal richiamo ai Beni Comuni nel titolo; con l'altra mano negli ultimi mesi ha votato favorevolmente a tutte le misure di rigore e austerity del Governo Monti, contribuendo a cancellare decenni di conquiste sociali (si pensi all'articolo 18). Ma non solo: il patto tra moderati e progressisti non è minimamente in discussione. Ed è nota la posizione di Casini su diritti civili, mercato del lavoro e beni comuni... 
 
 Articolo tratto da: Agoravox

Qualcosa si muove?


Gli italiani rimpiangono la lira: sono stufi della moneta unica

Secondo un sondaggio di Euromedia solo la metà degli intervistati è contrario al ritorno alla divisa nazionale. Un dato in forte calo: nell'ottobre 2011 era al 70%

Un italiano su due è contrario al ritorno della lira. Quindi, se l'aritmetica non è un'opinione, l'altro italiano è, se non favorevole, almeno, diciamo così, non contrario. Il trend registrato da Euromedia Research è piuttosto chiaro e segue l'andamento degli smottamenti della nostra economia e di conseguenza delle nostre certezze: se nell'ottobre del 2011 - quando il governo Berlusconi era ancora in sella - il 70,1 per cento degli italiani vedeva come il fumo negli occhi il ritorno di Michelangelo, Alessandro Volta e Maria Montessori nei nostri portafogli, oggi il dato è sceso al 50,3, dopo aver toccato, a giugno 2012, addirittura il 47,1.
Al contrario i favorevoli al ritorno della nostra vecchia valuta sono passati nello stesso periodo dal 21,5 al 39,1, con un 10,6 di indecisi che magari non sono fan della lira ma certo nemmeno dell'euro.
Un dato che fa riflettere, e che va letto come una risposta alla paura per la quale Alessandra Ghisleri, amministratore delegato di Euromedia Research, usa una metafora meteorologica. «È una questione di percezione, come quando ci sono 38 gradi e ne percepiamo 45. Ecco, la percezione del livello di tensione è elevatissima, diciamo che abbiamo la pelle delicata». E l'euro da questo punto di vista è considerata una moneta «che ci è estranea, con la quale dipendiamo da altri Paesi, mentre la lira è una moneta nostra. Le famiglie italiane non vogliono che la loro agenda sia decisa da un'entità lontana, che non riconosce le loro problematiche. La gente ha bisogno in questo momento di punti di riferimento forti».
Secondo l'analista e sondaggista Luigi Crespi il popolo degli antieuro sarebbe addirittura più folto: «L'euro è una moneta che nessuno ama a parte forse i ventenni che ci sono cresciuti. È considerata senza cuore, senza anima, senza bandiera. La moneta unica viene ricollegata soltanto a fastidi, aumenti di prezzi, disgrazie, anche perché da parte di chi dovrebbe farlo non vengono mai evidenziati gli aspetti positivi dell'euro. Invece la lira è legata a momenti positivi della nostra storia». Quindi solo nostalgia? «Un po' è come dire: si stava meglio quando si stava peggio. Ma il sentimento negativo è comune a tutti, anche a chi è abbastanza lucido da non chiedere oggi un ritorno alla lira perché sa che sarebbe una strada impossibile da percorrere». Insomma, anche quel 50 per cento favorevole all'euro non lo ama ma lo sopporta, come un coniuge da cui è troppo traumatico divorziare. «Infatti - fa notare Crespi - se si ponesse la domanda: abbiamo avuto vantaggi dall'introduzione dell'euro, l'80 per cento degli italiani risponderebbe di no».
Non tutti i sondaggisti però la vedono così. Secondo Nicola Piepoli «la grande maggioranza degli italiani, e dico due terzi se non addirittura tre quarti, pensa che l'euro sia una moneta stabile». Quindi è tutta una questione di come si pone la domanda: «Nel 1941 - spiega Piepoli - la Gallup pose tre quesiti agli americani sull'entrata in guerra, formulandoli in maniera diversa e ottenne risultati molto diversi». La stessa idea di Renato Mannheimer dell'Ispo, secondo cui il dato registrato da Euromedia Research è sovradimensionato. «Un sondaggio da noi svolto poco tempo fa dava al 30 per cento gli italiani favorevoli al ritorno della lira. Naturalmente non voglio dire che il sondaggio in questione non sia stato realizzato bene, tutt'altro, ma solo che tutto dipende da come viene posta la domanda». Domanda che, secondo l'analista Klaus Davi, non andrebbe proprio fatta agli italiani: «Questo è un argomento troppo tecnico, su cui gli italiani non sono sufficientemente preparati, motivo per cui danno delle risposte di pancia. Anche l'élite fa fatica a dare delle risposte ragionate».
tratto da IlGiornale

mercoledì 1 agosto 2012

No Unione Europea No euro!


Sacrifici equi?



Questo diceva nel dicembre 2011, a distanza di pochi mesi il "Salva Italia" è tristemente diventato "Ammazza Italiani"...
Non c'è stata equità, chi già pagava ha pagato di più, chi non pagava ha continuato a non pagare, introdotta l'IMU ne sono state esentate le banche, perchè "enti benefici"...
Tutti i tagli che si appresta a compiere ricadranno inevitabilmente sulle spalle dei cittadini, tutto il patrimonio immobiliare pubblico che si appresta a svendere impoverirà lo stato, e di conseguenza i cittadini della nazione!
Ma la colpa non è solo di Monti, lui fa lo sporco lavoro affidatogli dall'europa, la gran parte della colpa ricade invece su quei parassiti che siedono in parlamento che lo votano!
Servirebbe veramente il coraggio di dire NO, servirebbe una presa di coscienza sul fatto che in questa unione europea non ha senso rimanere, non ha senso subire inermi i diktat della germania, non ha senso subire i diktat della BCE e dell'europa, non ha senso accettare questi ricatti per la promessa di essere aiutati a sopravvivere un giorno di più!