E' già tempo di campagna elettorale e il PD si è subito mosso. Il sito "Agoravox" ha "tradotto" la "Carta di Intenti" presentata da Bersani, trovandovi cose molto incoerenti...
Quando saremo chiamati al voto (ma soprattutto SE ci faranno votare...) dobbiamo fare lo sforzo di non credere alle promesse che ci faranno, e dovremmo fare lo sforzo ancor più grande di ricordarci cosa hanno fatto e stanno facendo lorsignori, PD, PDL e compagnia...ricordatevi che chi ci ha trascinato nel baratro
non può tirarci fuori!
La carta di intenti del PD "Italia. Bene Comune" spiegata ai comuni mortali
Può essere utile fornire ai lettori una "traduzione" della
Carta di Intenti presentata martedì da
Pier Luigi Bersani, segretario del Partito Democratico. La carta di intenti è stata intitolata - con un imponente sforzo creativo -
"Italia. Bene comune":
un modo come un altro per tentare di strizzare l'occhio agli elettori
di sinistra del PD, appropriandosi del concetto di "Beni Comuni" e di
una battaglia che, allo stato attuale, è tra le più distanti dalla linea
politica del Partito Democratico, che praticamente ovunque ha dato il
là alle più selvaggie privatizzazioni (a
Torino come a
Genova, per fare due esempi). Altro che beni comuni...
La carta di intenti si apre con
"L’Italia ce la farà se ce la
faranno gli italiani. Se il paese che lavora, o che un lavoro lo cerca,
che studia, che misura le spese, che dedica del tempo al bene comune,
che osserva le regole e ha rispetto di sé, troverà un motivo di fiducia e
di speranza". Che è esattamente come dire che
la pace è bella, la guerra è brutta,
le margheritine profumano, l'acqua è bagnata. Ma vabbè, serviva un modo
per introdurre i noccioli programmatici del patto tra "democratici e
progressisti".
Veniamo dunque alla traduzione per "comuni mortali" di "Italia. Bene
comune". Le parti scritte in corsivo sono stralci del documento
originale redatto dagli strateghi del Partito democratico, a cui
seguiranno alcuni chiarimenti fondati su dati oggettivi. Naturalmente
procederemo per "stralci", concentrandoci sui punti cruciali e ignorando
quelli maggiormente "retorici" o discorsivi.
1. VISIONE
"Noi non crediamo all’ottimismo delle favole, quello venduto
nel decennio disastroso della destra. Crediamo, invece, in un risveglio
della fiducia e soprattutto nel futuro degli italiani, a cominciare dai
più giovani e dalle donne. I problemi sono enormi e il tempo per
aggredirli si accorcia. Le scelte da compiere non sono semplici né
scontate".
In realtà il PD e il PDL sostengono insieme, come è noto, il Governo Monti. I
due partiti, apparentemente avversari, stanno di fatto governando
insieme il Paese: hanno infatti votato a favore tutte le più
significative misure approvate dal Governo. A titolo esemplificativo: il
30 novembre vi è stato il sì unanime della Camera in prima lettura al
ddl costituzionale contenente il
pareggio di bilancio in Costituzione
approvato con 464 sì, nessun contrario e 6 astenuti. Il testo era già
stato approvato unanimemente dal Senato con 255 sì nessun contrario e 14
astenuti. Ma PD e PDL si sono trovati d'accordo anche su tutti gli
altri provvedimenti: dalla riforma del mercato del lavoro alla spending
review, passando per la recentissima approvazione del fiscal compact.
Tutte misure spacciate per "risolutive della crisi" che, tuttavia, hanno
incrementato povertà e disoccupazione.
"La realtà è che mai come oggi nessuno si salva da solo. E nessuno
può stare bene davvero, se gli altri continuano a stare male: è questo
il principio a base del nostro progetto, sia nella sfera morale e civile
che in quella economica e sociale.
Bello, bellissimo, se non fosse che il PD ha recentemente approvato la
modifica dell'articolo 18,
che di fatto facilita la libertà di licenziamento, anche in assenza di
giusta causa. Giorgio Cremaschi spiegò i risvolti in un chiarissimo
articolo,
mentre il "rottamatore" Matteo Renzi, laconicamente, dichiarò: "Per
usare un tecnicismo, a me dell’articolo 18 non me ne pò frega' de meno".
E' in questo modo che il PD intende appiattire il dislivello tra chi
sta bene e chi sta male? Strano modo.
Vogliamo che il destino dell’Italia sia figlio della migliore
civiltà dell’Europa e che insieme riscopriamo la necessità di sentirci
vicino a chi nel mondo si batte per la libertà e l’emancipazione di ogni
essere umano. Lo scriviamo nella coscienza che la grandezza e la
tragedia del ‘900 in Europa si misurano in una sola parola: la pace. La
conquista faticosa di un continente che, con la tragica eccezione dei
Balcani, ha conosciuto nella seconda metà del secolo la sua
riconciliazione".
Anche qui, Bersani e soci non dicono che in realtà l'Italia è un
Paese in guerra, che ha bombardato la Libia dell'ex amico Gheddafi e oggi sta bombardando l'Afghanistan, come rivelato a
Il Giornale proprio da un pilota di Caccia.
La pace a casa nostra è la guerra in casa di altri, con il suo contorno di vittime civili.
Per non parlare dell'acquisto dei Caccia F-35, nei confronti del quale
il PD ha talvolta, ma solo blandamente, levato qualche protesta.
2. DEMOCRAZIA
Dobbiamo sconfiggere l’ideologia della fine della politica e
delle virtù prodigiose di un uomo solo al comando. E’ una strada che
l’Italia ha già percorso, e sempre con esiti disastrosi. In democrazia
ci sono due modi di concepire il potere. Usare il consenso per governare
bene. Oppure usare il governo per aumentare il consenso. La prima è la
via del riformismo. La seconda è la scorciatoia di tutti i populismi e
si traduce in una paralisi della decisione.
Vero. Solo che possiamo prendere la
Val di Susa
come esempio di un'opera costosissima e priva del benché minimo consenso
popolare, imposta dall'alto e per niente discussa con il territorio. I
No Tav, nel frattempo, hanno allargato la loro base di sostenitori in
tutta Italia e soprattutto prodotto
documenti con
il sostegno di importanti studiosi che dimostrano come il progetto
dell'alta velocità sia oggettivamente assurdo e ingiustificato. Bersani,
mesi fa, riassunse così la posizione del suo partito:
Il PD è pronto a discutere con tutti, ma poi si fa come diciamo noi. Bell'esempio di democrazia.
Per noi il populismo è il principale avversario di una politica
autenticamente popolare. In questi ultimi anni esso è stato alimentato
da un liberismo finanziario che ha lasciato i ceti meno abbienti in
balia di un mercato senza regole. La destra populista ha promesso una
illusoria protezione dagli effetti del liberismo finanziario innalzando
barriere culturali, territoriali e a volte xenofobe. Anche quando questo
populismo ha pescato il suo consenso all’interno di un disagio diffuso e
reale, il suo esito è sempre stato antipopolare.
La critica al liberismo finanziario è apprezzabile. Ma giova ricordare che il PD ha appena provato il Fiscal Compact,
la più importante misura economica - di stampo liberista - varata dal
Governo Monti che, di fatto, impone all'Italia manovre finanziarie da
45-50 miliardi di euro all'anno per i prossimi 20 anni. Dove verranno
trovati quei soldi? La strada è stata segnata: riduzione dello stato
sociale e privatizzazioni. Alla faccia dei beni comuni: più "finanza" di
così si muore...
3. EUROPA
La crisi che scuote il mondo mette a rischio l’Europa e le
sue conquiste di civiltà. Ma noi siamo l’Europa, nel senso che da lì
viene la sola possibilità di affrancare l’Italia dai guasti del collasso
liberista, e quindi le sorti dell’integrazione politica
coincidono largamente col nostro destino. Insomma non c’è futuro per
l’Italia se non dentro la ripresa e il rilancio del progetto europeo.
La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla
senza l’Europa.
Per riuscirci agiremo in due direzioni. In primo luogo,
rafforzando la piattaforma dei progressisti europei. Se l’austerità e
l’equilibrio dei conti pubblici, pur necessari, diventano un dogma e un
obiettivo in sé – senza alcuna attenzione per occupazione, investimenti,
ricerca e formazione – finiscono per negare se stessi. Adesso c’è
bisogno di correggere rotta, accelerando l’integrazione politica,
economica e fiscale, vera condizione di una difesa dell’Euro e di una
riorganizzazione del nostro modello sociale.
Ma il rigore dei conti pubblici chi l'ha votato, se non il PD, arrivando a imporre il Pareggio di Bilancio in Costituzione?
4. LAVORO
(...) La battaglia per la dignità e l’autonomia del lavoro,
infatti, riguarda oggi il lavoratore precario come l’operaio
sindacalizzato, il piccolo imprenditore o artigiano non meno
dell’impiegato pubblico, il giovane professionista sottopagato al pari
dell’insegnante o del ricercatore universitario.
Il primo passo da compiere è un ridisegno profondo del sistema
fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo
alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari. Quello
successivo è contrastare la precarietà, rovesciando le scelte della
destra nell’ultimo decennio e in particolare l’idea di una competitività
al ribasso del nostro apparato produttivo, quasi che rimasti orfani
della vecchia pratica che svalutava la moneta, la risposta potesse stare
nella svalutazione e svalorizzazione del lavoro. Il terzo passo è
spezzare la spirale perversa tra bassa produttività e compressione dei
salari e dei diritti, aiutando le produzioni a competere sul lato della
qualità e dell’innovazione, punti storicamente vulnerabili del nostro
sistema.
Sulla prima parte nulla da obiettare. Non ci sono in Italia
formazioni politiche che non considerino "classe subalterna" non solo
gli operai, ma anche impiegati, piccoli artigiani, lavoratori precari di
tutti i settori. Ma sulla seconda parte appare quantomeno scorretto
dare la colpa dell'eccessiva precarizzazione ai governi di
centro-destra: basta ricordare che il "pacchetto Treu" fu ideato in un
governo di centro-sinistra e che negli ultimi 10 anni il Governo Prodi
ha avuto le sue responsabilità. Per non parlare della già menzionata
manomissione dell'articolo 18, o della "compressione dei diritti" voluta
dal ministro Fornero e votata dal PD. La Fornero, per giunta, fu quella
che qualche settimana fa dichiarò: "Il lavoro non è più un diritto".
6. SAPERE
Abbiamo letto per intero
questo capitolo, e a fianco alle parole scuola, istruzione o ricerca non compare mai l'aggettivo "
pubblica".
Sarà una svista? Difficile che lo sia: intanto, mentre il PD denuncia
lo scontento di un personale docenti sottopagato, parecchi presidenti di
Provincia hanno lamentato la drammatica condizione in cui versano
alcuni istituti, molti dei quali rischiano di non essere agibili in
autunno: uno, recentemente, è stato
Antonio Saitta (Partito Democratico), della provincia di Torino, che ha
dichiarato:
"Con i tagli previsti dalla spending review non siamo nelle condizioni
di assicurare l’apertura dell'anno scolastico". Okay, ma la spending
review chi l'ha votata? Indovinate...
8. BENI COMUNI
La difesa dei beni comuni è la risposta che la politica deve a
un bisogno di comunità che è tornato a manifestarsi anche tra noi. I
referendum della primavera del 2011 ne sono stati un’espressione
fondamentale. È tramontata l’idea che la privatizzazione e l’assenza di
regole siano sempre e comunque la ricetta giusta.
Vorremmo credergli, ma i recenti fatti di Torino e Genova, i cui
sindaci intendono vendere importanti quote azionarie delle società di
trasporti ad aziende private, non rassicurano. Certo, si dirà: "A Torino
venderemo il 49%, il restante 51 rimane in mano pubblica", ma sullo
strapotere dei privati, anche in minoranza, si è discusso
abbondantemente anche l'anno scorso prima del Referendum ed è inutile
ripetersi.
Intanto è utile sapere che il premier Monti ha dichiarato
recentemente: "Non solo non escludiamo la cessione di quote dell’attivo
del settore pubblico, ma la stiamo preparando come abbiamo già
annunciato e presto seguiranno degli atti concreti: abbiamo predisposto
dei veicoli, fondi immobiliari e mobiliari attraverso i quali
convogliare in vista di cessioni attività mobiliari e immobiliari del
settore pubblico, prevalentemente a livello regionale e comunale”. E in
fondo è normale: hanno approvato il fiscal compact, devono per forza di
cose fare cassa e devono svendere patrimonio pubblico. Abbiamo già
spiegato che il PD ha votato favorevolmente a questo provvedimento.
Insomma, ancora una volta, l'ennesima, il partito Democratico sembra
giocare con i cittadini. Con una mano ha scritto una carta di intenti
apparentemente "di sinistra" - a partire dal richiamo ai Beni Comuni nel
titolo; con l'altra mano negli ultimi mesi ha votato favorevolmente a tutte le misure di rigore e austerity del
Governo Monti, contribuendo a cancellare decenni di conquiste sociali
(si pensi all'articolo 18). Ma non solo: il patto tra moderati e
progressisti non è minimamente in discussione. Ed è nota la posizione di
Casini su diritti civili, mercato del lavoro e beni comuni...
Articolo tratto da:
Agoravox