sabato 25 agosto 2012

Manifesto anti-euro di Giuseppe Trucco

articolo tratto da: cobraf

                            Dedicato alla memoria di Mariarca Terracciano



Solo fuori dall’euro l’Italia può rinascere


Manifesto anti-euro di Giuseppe Trucco

Vi anticipo che quelle che seguono sono questioni che richiedono un po’ di sforzo per
essere comprese: l’economia è una materia noiosa e comprendo che abbiate poca voglia di
scervellarvi su questo argomento, ma vi prego di provare a farlo, di sforzarvi a capire, di
non credere alle menzogne che vi diranno per indurvi a pensare che io abbia torto. E’
importante che lo facciate: se il 50% più uno degli Italiani lo avrà capito (non solo per
merito mio, ovviamente), se prima di allora l’Europa non avrà ancora trovato la maniera di
cancellare del tutto la sovranità del popolo italiano, allora abbiamo una speranza di poterci
salvare. E’ una questione di straordinaria importanza, lo ripeto, ne va della qualità
della vita vostra, dei vostri figli, dei vostri nipoti.

 

Cosa accadrebbe se l’Italia restasse nell’euro


Un Paese con un debito pubblico del 120% del PIL (presto saremo più vicino al 130%), su
cui grava un tasso di interesse reale del 4% (e presto potrebbe anche salire), avrà una
crescita del debito, in caso di pareggio di entrate ed uscite escluso il pagamento degli
interessi, pari al 5% circa del PIL. Non è accettabile pagare un 5% annuo di interessi
reali sul PIL, perché o non si riesce a sostenere il debito e si fallisce, oppure si deve
togliere dall’economia italiana oltre 100 miliardi di euro l’anno, solo per mantenere
quel debito costante.
100 miliardi 40 dei quali vanno fuori dall’Italia, a pagare creditori stranieri, venendo quindi
tolti definitivamente da un sistema economico già in pesante depressione.
Viceversa c’è il fallimento, che però non risolve nulla, perché è solo parziale, danneggia
molto i creditori che nel 60% dei casi sono italiani, ma soprattutto non alleggerisce il debito
(come abbiamo visto per la Grecia, che dopo il default continua ad avere un debito/Pil come
il nostro). Non lo alleggerisce perché viene concesso uno sconto solo parziale e solo su una
parte del debito, perché il debito che resta fa paura e sarà destinato a dover pagare interessi
usurari anche dopo (la Grecia paga interessi a 2 cifre!), per cui ad un primo fallimento ne
seguiranno altri (nel caso della Grecia è verosimile che il presente livello di debito pubblico
post-default genererà presto nuovi default, se gli interessi sono a 2 cifre non ci vorrà molto
tempo per verificarlo).
Ora non si dica che io ho detto che si andrà necessariamente verso il default, al contrario, ci
sono moltissime cose di cui purtroppo l’Italia e gli Italiani possono venire defraudati prima
che questo possa accadere. Esiste una forte concentrazione di ricchezza privata (purtroppo
in calo) accantonata in decenni (ai tempi della lira), che potrebbe venire prosciugata con
delle patrimoniali, più tutta una serie di attivi statali che si possono alienare, con grande
gioia delle elite e dei mercati finanziari, ma è questo che vogliamo? Che l’Enel vada ai
Cinesi (come la sua omologa portoghese) per ridurre il debito (debito su cui lo stato paga
metà rispetto a quanto percepisce di dividendo dalle azioni Enel, il che dimostra ancor più
l’assurdità di una simile scelta)? Che le Poste vadano ad un fondo di private equity (che poi
magari aumenta i costi del servizio per finanziare i propri profitti privati)? Che il demanio
venga svenduto dando il colpo di grazia ai prezzi settore immobiliare italiano per una
generazione e che poi lo Stato paghi l’affitto ai fondi immobiliari? Che le nostre riserve
auree (la quarta maggiore riserva aurifera di una nazione al mondo) vengano cedute ai fondi
sovrani arabi? Perché nessun default sarà possibile nell’euro se prima non accetteremo le
condizioni dei cosiddetti “aiuti”.
Dico solo questo: forse l’austerità potrebbe ridimensionare il debito pubblico italiano
anche in presenza di tassi reali positivi, ma sarebbe la prima volta nella storia
dell’umanità. Non esistono precedenti. Da debiti sovrani di questo tenore gli stati in
passato ne sono sempre e solo usciti o con tassi reali negativi che inflazionavano il montante
di debito, oppure con dei default. Monti e tecnocrati come lui a capo di governi
commissariati da Bruxelles dovrebbero governare fino al 2030, svendere tutti i beni dello
stato e fare macelleria sociale, solo per cercare di fare quello che mai nell’umanità è stato
possibile realizzare. Sapendo che il probabile finale è questo vale la pena rischiare di
vendere il benessere dei cittadini e disfarci di tutta la “gioielleria” nazionale, quella che mai
e poi mai sarà possibile far tornare nelle mani statali?
Ripeto non ho detto che sia impossibile e che l’Italia debba fallire, in passato non è mai
capitato forse perché non esistevano i media capaci di fare il lavaggio del cervello ai
cittadini di uno stato, inculcando loro il terrore del dio dei mercati finanziari e dello spread,
ragione per cui se un governatore, fosse anche stato un tiranno, avesse provato a spogliare
tutta la ricchezza dei cittadini al servizio di un debito gravato da tassi usurari, lo avrebbero
certamente fermato, ci sarebbe stato un colpo di stato! Reputo però che sia maggiormente
probabile che l’austerità non risolva il problema del debito bensì lo aggravi, questo perché
l’austerità produce benefici immediati al rapporto debito/PIL ma danni allo stesso rapporto
nel medio termine, danni che si autoalimentano in un effetto a cascata tale per cui l’austerità
potrebbe avere successo solo se fatta tutta in una volta, il che però sarebbe un colpo di
grazia difficile da far digerire all’opinione pubblica (il lavaggio del cervello fatto sinora è
ancora insufficiente).
Perché il dramma dell’austerità è che essa riduce sia il debito sia il PIL, quindi
riducendo sia il numeratore che il denominatore del rapporto debito/Pil il risultato è
sempre al di sotto delle aspettative, spesso è positivo nell’immediato, nullo nel medio
termine (meno di 1 anno), addirittura negativo su archi di più anni (vedi la Grecia),
quando gli effetti collaterali deleteri si auto-alimentano in una spirale vorticosa (quella
che cercherò di spiegarvi in seguito). La Grecia ha percorso tutto questo iter drammatico
solo per alla fine aver peggiorato le cose, sarebbe già stata fatta uscire se non vi fosse la
paura che il precedente creato spalancasse le porte anche all’Italia ed alla Spagna, i PIIGS
che ancora non sono stati spolpati a sufficienza dai lupi famelici dei mercati finanziari.
Noi Italiani non abbiamo ancora neppure iniziato a comprendere cosa il circolo vizioso
dell’austerità significhi, ma già abbiamo avuto la prova che nel medio periodo, cioè dopo un
anno circa di governo Monti, gli effetti siano nulli come vi dicevo prima. O forse non vi
hanno detto che il debito pubblico italiano è ancora sui massimi sia in termini assoluti,
sia in termini di percentuale del PIL?
Proviamo a percorrere allora il futuro che ci attende se questa ricetta avvelenata
dell’austerità sarà propinata al Paese. Facciamo un passo indietro e ripercorriamo la strada
dall’inizio.
Tutto inizia con lo stato che aumenta le tasse e riduce la spesa pubblica anche nei settori
vitali (non potrebbe essere altrimenti, perché sono la maggioranza del bilancio statale) o
forse soprattutto in quelli, poiché i settori parassitari come la politica e le sue auto blu
difficilmente si mettono mai a tagliare il proprio set di privilegi e benefit (almeno finché non
iniziano a temere la gente con i forconi sotto il Parlamento). Questo significa minori
stipendi e meno dipendenti pubblici nelle scuole, ospedali, caserme, tribunali, carceri,
eccetera, con disagio e disservizi crescenti. I sindacati degli agenti iniziano a già oggi a dire
che non potranno più garantire la sicurezza e la lotta alla criminalità, le guardie penitenziarie
a volte si suicidano come fanno i carcerati stessi, lo sapevate questo? Ma meno dipendenti
con minori salari (non per via dell’inflazione, che si nota poco, ma di riduzioni nominali,
che sono psicologicamente più preoccupanti) significa minori consumi, così anche
commercianti, artigiani, albergatori, venditori di case, eccetera lavorano meno e guadagnano
due volte meno, perché c’è anche l’aumento delle tasse. Se commercianti, artigiani,
industriali, costruttori di case, ecc., guadagnano meno, alcuni di loro che erano già
marginalmente profittevoli vanno in perdita e chiudono, quindi licenziano i dipendenti,
mentre gli altri riducono a loro volta il personale, quindi aumenta il numero dei disoccupati
e di chi consuma meno. Ma questo da un ulteriore giro di vite all’economia, scende
ulteriormente il PIL (così che il rapporto debito/PIL sale), si devono aumentare le tasse su
redditi/consumi/patrimoni/case, calano ancora di più i consumi, aumenta ancora di più la
propensione al risparmio (da parte di chi può permetterselo) per paura della crisi, chiudono
ancora più aziende, calano ancora più gli utili, aumentano ancora più i licenziamenti, la
spesa statale in sussidi alla disoccupazione sale mangiandosi i benefici dei tagli sanguinosi
appena effettuati e degli odiosi aumenti delle tasse, questo da un ennesimo giro di vite
all’economia, scende ancora di più il PIL (così che il rapporto debito/PIL sale ancora di
più), calano ancora di più i consumi, aumenta ancora di più la propensione al risparmio (da
parte di chi può permetterselo) per paura della crisi, chiudono ancora più aziende, calano
ancora più gli utili, aumentano ancora più i licenziamenti, la spesa statale in sussidi alla
disoccupazione sale mangiandosi i benefici dei tagli sanguinosi appena effettuati e degli
odiosi aumenti delle tasse, ecc. Capite il meccanismo del circolo vizioso dell’austerità?
Ripetendo questo circolo vizioso più volte (oggi siamo ancora agli stadi iniziali, altro
che fine della crisi che siavvicina) si arriva al punto di non ritorno, quello che per
nostra fortuna deve ancora arrivare, che è ancora possibile evitare. E’ quando lo stato
decide di (s)vendere tutto quello che può svendersi, di modo che non avrà più nessuna
riserva cui attingere quando si sarà toccato il fondo. Ma attenzione però: perché tutto quello
che può svendersi nelle migliori ipotesi formulate arriva a 400 miliardi, cioè un quinto del
debito pubblico, che resterebbe attorno al 100% del PIL e sul quale continuerebbero a mio
avviso a gravare interessi usurari nonostante il calo del 20%, perché i creditori sanno che il
debito è calato del 20%, ma è calata anche la capacità del debitore, che dopo essersi
venduto l’argenteria non ha più nulla da offrire a parte il sangue dei suoi figli! Ma nel
frattempo sono calati il PIL, il rapporto debito/PIL potrebbe essere cresciuto e di molto oltre
il livello di partenza, per cui non è detto che tutto questo svendere non faccia che riportarci
al solo punto di partenza (quello cui siamo già tornati diverse volte nonostante l’austerità
sanguinosa fatta sinora).
Gli operatori dei mercati finanziari saranno rapaci e famelici finché si vuole ma son gente
scaltra, mica dei fessacchiotti, si chiedono quanto può durare il gioco, capiscono che sia
prima che dopo la (s)vendita di beni dello stato la solvibilità resta la stessa, quanto più
annusano il rischio che l’Italia non possa onorare il suo debito, tanto più scommettono al
ribasso. Poi ci sono gli investitori istituzionali stranieri, i fondi pensione e gli hedge fund
americani che si domandano: “Fino a che punto gli Italiani (e gli Spagnoli) sono così
ingenui da lasciarsi fregare da questo euro-sistema, prima o poi lo capiranno o no che la
Germania ha mangiato un grosso pezzo del loro PIL, delle loro esportazioni? Che si
finanzia a interessi reali negativi a furia di ricevere i capitali che fuggono dai BTP italiani
e fanno salire i prezzi e calare a zero i rendimenti dei Bund? Qui in America lo abbiamo
capito già da un pezzo! Nonostante il lavaggio del cervello che i loro opinion leader venduti
e traditori oppure ignoranti fanno loro, prima o poi l’opinione pubblica potrebbe pure
mangiare la foglia, al che salterà fuori un movimento di popolo che guiderà il paese fuori
dall’euro, ed i titoli di stato italiani verranno convertiti in lire che dal cambio iniziale si
svaluteranno di un 25-35%, vogliamo non tenerne conto di questo rischio sui titoli italiani
che abbiamo in portafoglio?” Sì che ne tengono conto! Ed allora un motivo in più per
vendere i BTP, il che fa prezzare al ribasso i titoli e fa lievitare ulteriormente gli interessi sul
debito italiano, almeno fino al punto che il rendimento offra un adeguato premio per questo
rischio percepito, a torto o a ragione (io spero a ragione). Una volta che gli interessi salgono
il debito pubblico non subisce subito il colpo, solo i titoli che scadono e debbono venire
rinnovati a scadenza si allineano al tasso usurario (per fortuna sui titoli già emessi l’effetto è
assente, il che ci da un po’ più di tempo, e stranamente l’effetto non si manifesta ancora sui
BOT e i titoli più brevi). Mentre gli speculatori speculano e gli investitori istituzionali
riducono l’esposizione all’Italia nei loro portafogli, i risparmiatori italiani, che per forza
debbono assorbire lo stock smobilizzato dagli stranieri (già calato dal 50 al 40% del totale,
cioè di 200 miliardi di euro), si interrogano perplessi. Vedono questo maledetto spread che
danza come un indemoniato e riceve le prime pagine di tutti i giornali e telegiornali, vedono
i loro BTP a prezzi stracciati, si ricordano la fine che hanno fatto i titoli greci dopo che
hanno iniziato a crollare, nonostante i rating delle agenzie ancora soddisfacenti e le
rassicurazioni dei tecnocrati europei. Ad un certo punto inizieranno ad avere i nervi a pezzi,
sanno che possono fidarsi delle informazioni date dai media e dei commenti ottimistici dei
tecnici tanto quanto Gesù Cristo poteva fidarsi di Giuda l’Iscariota. Cominciano a sentire di
connazionali che hanno esportato i soldi fuori confine (cosa che è perfettamente fattibile in
maniera legale per giunta!) e preferiranno non comperare più altri BTP se non addirittura
vendere quelli che già hanno. Che lo facciano loro o gli speculatori non ha importanza: in
entrambi i casi l’effetto è la discesa del prezzo e l’aumento del rendimento e quindi del
costo del nostro debito. Ma quando non ci sono più abbastanza Italiani a voler subentrare
agli istituzionali e agli speculatori che succede? Il debito a qualcuno lo si deve piazzare, i
rendimenti possono salire e rendere i titoli più attraenti solo fino ad un certo punto,
oltre il quale diventano sinonimo di rischio inaccettabile (chiunque comprende che
proprio quel livello di interesse rende il debito non più ripagabile) e generano un
rigetto totale da parte di tutti i soggetti, stranieri e italiani (o forse voi comprereste
titoli di stato greci solo perché rendono il 25%?). Allora cosa succede? Succede che
arrivano i compratori che non rischiano di vedersi disonorati i loro crediti, poiché
assegnatari di “privilegio” su tutti gli altri creditori (come noi BOT-people qualunque!), la
banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale. Essi arrivano a mettono sul
piatto degli “aiuti”. Non importa che la BCE debba solo digitare dei numeri a schermo per
creare miliardi senza nessuno sforzo. Non importa che possa accaparrarsi titoli con tassi di
interesse elevati (anche se meno di quelli usurari cui è arrivato il mercato non più ricettivo
degli stessi) e non giustificati dal fatto che a lei nessuno può rifiutare di pagare il 100% dei
prestiti erogati. Non importa che per il solo fatto che essa è intervenuta tutti gli altri titoli di
stato, presenti e futuri, privi del suo “privilegio”, divengano automaticamente obbligazioni
subordinate ed il merito di credito della nazione resti irrimediabilmente compromesso.
No, tutto questo non basta, la Banca centrale Europea (ed il FMI) per erogare i loro “aiuti”
pongono severissime condizioni:
che non si facciano sconti sul pagamento al 100% del valore nominale dei debiti in
scadenza (anche se magari i fondi avvoltoio li hanno appena comprati a 80),
che si vada a fare quella macelleria sociale che finora la classe politica, forte di tutti i
suoi privilegi, non aveva osato imporre ai cittadini (temendo che le scorte non
possano più salvarli dai linciaggi), mentre ora potrà farlo dicendo che è la BCE che li
impone (ammettendo quindi che la sovranità nazionale ce la siamo già bella che
giocata!),
che si vada a svendere quello che ancora non si aveva avuto la faccia di tosta di
svendere, partecipazioni statali più strategiche, immobili del demanio in uso allo
stato (su cui dover in futuro pagare un affitto quindi), gli ultimi lingotti d’oro, tutto
questo in un mercato azionario ed in un mercato immobiliare italiani che a fronte di
tali svendite si incancreniscono ancora di più,
che si vadano a licenziare o ridurre gli stipendi ai dipendenti pubblici, dipendenti che
dovrebbero provvedere al funzionamento di quei servizi pubblici che già sono stati
colpiti esageratamente prima e sono al collasso.
Ma insieme al debito le misure di iper-austerità imposte dalla BCE indovinate cosa
fanno? Fanno crollare anche il PIL, i consumi, il circolo vizioso che ho elencato prima
continua ad inasprirsi in una spirale sempre più veloce. Ora però la situazione diviene
fuori-controllo, aggiungiamo altri elementi al quadro già raccapricciante: i maggiori
disoccupati significano meno entrate per il fisco (i disoccupati pagano meno tasse), più
manodopera per la criminalità organizzata e non, più lavoro nero, più carcerati, più spesa
pubblica per mantenere carcerati e cassintegrati. Le manifestazioni di piazza pacifiche
iniziano a diventare tumulti, i tg stranieri ne parlano mostrando le immagini e danneggiando
gravemente il turismo. I disoccupati cominciano ad emigrare, i cervelli e gli imprenditori
iniziano a fuggire, i capitali pure. Le aziende che pure sopravvivono, quelle di eccellenza e
che esportano e fanno fatturato all’estero, che per fortuna pure esistono, quelle che
potrebbero continuare ad investire, preferiscono non farlo perché è venuta a mancare la
sicurezza del futuro e l’accesso al credito, si limitano a sopravvivere. La maggioranza delle
aziende che invece già sopravvivevano prima, che ha clienti qui in Italia che non fanno
ordini o che non onorano i pagamenti, iniziano a cadere come mosche. Dopo che gli
imprenditori han dato fondo a tutte le riserve accantonate in una vita, le banche al collasso
di certo non possono aumentare il credito nemmeno se vengono finanziate perché lo
facciano, perché non possono sostenere il rischio di controparte dato che hanno già
accumulato eccessive perdite per via del deprezzamento dei titoli italiani che detenevano in
portafoglio, semmai fanno il contrario, richiamano i debitori. Quando le aziende alla frutta
non falliscono è perché magari si sono lasciate aiutare da nuovi soci che apportano denaro
fresco di provenienza criminale, così che la malavita entra prepotentemente nel tessuto
economico sano (prima) del Paese, oppure le aziende si fanno prestare denaro dagli usurai
con il risultato finale che i prestasoldi anziché soci ingombranti diventano direttamente i
nuovi proprietari nella maggioranza del casi (mentre le forze dell’ordine hanno sempre
meno risorse per combattere la mafia, l’usura ed i criminali comuni). Minore accesso al
credito, presso le banche in crisi e timorose di prestare soldi a famiglie già indebitate fino
all’osso o a lavoratori su cui gravano rischi di perdita del posto, significa pure meno mutui,
quindi minori acquisti di case, i costruttori immobiliari altamente indebitati cominciano a
fallire, i loro immobili e le case ipotecate dalle banche ai mutuatari insolventi aumentano
l’offerta in un mercato immobiliare dove si è già contratta la domanda, mentre lo stato da
parte sua aggrava il problema svendendo il demanio. Risultato? Crollo dei prezzi degli
immobili, gli Italiani che hanno nelle case la loro principale fonte di ricchezza si
impoveriscono anche su questo fronte, non che coi BTP e le azioni italiane intanto vada
meglio. L’effetto psicologico del sentirsi più poveri contribuisce alla minore
propensione al consumo, un altro elemento ricorrente i cui effetti a cascata già abbiamo
esaminato. Il crollo dei prezzi dei beni e dei servizi, dei consumi e della quantità di moneta
in circolazione presto o tardi si traducono in una brutta bestia economica chiamata
deflazione, che non fa che accrescere il valore reale del debito e degli interessi. La
situazione arriva al punto che aumentano i suicidi per motivi economici e i gesti eclatanti. I
lavoratori iniziano ad essere disperati, piuttosto di licenziarne metà per salvare la
produzione, alcune industrie preferiscono fuggire dal Paese o chiudere i battenti. Si inizia a
vedere cittadini molto arrabbiati che si danno al terrorismo, i disperati che non hanno nulla
da perdere sono pericolosi: anche la gente lobotomizzata dalla TV quando inizia ad avere
davvero fame diventa cattiva. E’ la fine, è il collasso. Ok, adesso potete uscire dall’euro ci
diranno. L’hanno già pure detto alla Grecia che è in quella fase terminale, ora che gli
ospedali greci non passano più neppure i farmaci antitumorali. L’Italia non vuole rispettare
le condizioni a cui l’abbiamo aiutata? Che vada pure per la sua strada, tanto ora che
l’abbiamo spolpata fino alle ossa e l’abbiamo quasi del tutto deindustrializzata e resa
innocua come competitrice industriale, non abbiamo più nulla da guadagnare che stia
nell’euro.
Ma sarà troppo tardi, l’Italia che esce dall’euro nel 2015 o nel 2018 non sarà più quella che
abbiamo conosciuto. Tutto il nostro tessuto industriale con i suoi posti di lavoro ormai si
sarà consumato e il fatturato trasferito a nord o ad est. I nostri migliori cervelli ed
imprenditori saranno espatriati, molti giovani emigrati. Una generazione di giovani coppie
disperate non metteranno più alla luce dei figli, si porrà il seme di un pesantissimo calo
demografico che imploderà quando le generazioni adulte invecchieranno, non più
compensato dai flussi di immigrati che diverranno negativi. A questo punto uscire dall’euro
non potrebbe più creare alcun beneficio, anzi vedendo la situazione disperata anche dopo
esserne usciti magari qualche faccia tosta dirà che l’Italia o la Grecia hanno fatto quella fine
proprio perché sono usciti dall’euro (per far paura alla Francia o agli altri “nuovi PIIGS”
che saranno le nuove vittime dell’Unione Monetaria con la Germania: perché l’euro, proprio
come Hitler, non si accontenterà certo di conquistare solo mezza Euro-zona!). E per questo
che dobbiamo agire ora. Dobbiamo pretendere un referendum contro l’euro in Italia e lo
dobbiamo vincere.
Cosa ci attenderebbe invece se evitassimo tutto questo ed uscissimo al più presto
dall’unione monetaria, per restare in Europa come altri stati a moneta sovrana quali la Gran
Bretagna o la Svezia?
Riprendete fiato che ora ve lo spiego.

Cosa accadrebbe se l’Italia uscisse dall’euro (al più presto)?


Ora è il momento di passare al messaggio di speranza, per non sembrare solo una
Cassandra. I vantaggi sarebbero significativi, ma non illudiamoci, uscire dall’euro non sarà
la stessa cosa che non esserci mai entrati, se uscissimo dall’euro avremmo una netta
prevalenza di benefici, ma è ovvio che vi sarebbero pure delle contropartite, che dopo
esamineremo.
La verità è che uscire dalla moneta unica è uno scenario difficile da ipotizzare, perché non
esistono precedenti, nonché per il fatto che una via d’uscita non è stata prevista: per malizia
di alcuni e per ignoranza di altri (e voglio sperare che i governanti italiani dell’epoca
fossero solo ignoranti), i creatori della moneta unica hanno bruciato il ponte una volta
attraversato, nessuno più avrebbe dovuto poter tornare indietro. E così per tornare
indietro ora toccherà attraversare un fiume e le sue correnti, bisognerà imparare a nuotare, ci
sarà forse anche il rischio di qualche annegamento, ma è sempre meglio questo che mandare
tutto l’esercito incontro a morte certa.
Il punto di maggiore criticità è nel fatto che l’Italia dovrà convertire il proprio debito
pubblico da euro a nuove lire, al tasso di cambio ufficiale tra euro e nuova lira. E’ chiaro
che qualunque sia il tasso di cambio iniziale la nuova moneta italiana (d’ora in poi la lira,
per semplicità) verosimilmente si svaluterà verso l’euro, in tempi molto rapidi, di tutta la
svalutazione di cui avremmo avuto bisogno nei 10 anni passati, vale a dire un 25-35%
secondo le mie stime (ma prendetele con beneficio d’inventario, è una proiezione “a naso”,
non basata su dati precisi). I creditori, specialmente i fondi stranieri, potrebbero considerare
questa conversione come un default, ed è difficile pensare a come evitarlo, ma chiaramente
non esiste la possibilità di mantenere il debito in euro, altrimenti avremmo perso tutti i
benefici dell’uscita dall’euro. E neppure è possibile imporre che le banche e le imprese
ed i mutuatari italiani debbano invece onorare i loro impegni in euro. La difficile
soluzione di questo passaggio è il nodo cruciale. A mio avviso uno stato sovrano a moneta
sovrana può fare ciò che vuole, lo dico ormai quasi con nostalgia, perché oggi non è più
così, oggi il popolo è sovrano di decidere chi mandare a fare i compiti che Bruxelles, la
BCE ed il dio dei mercati finanziari hanno scritto. Se poi il dio dei mercati finanziari invia il
suo golem, lo spread, a terrorizzarci, allora siamo pure pronti ad accettare che i compiti
vengano fatti direttamente da dei tecnici nemmeno eletti da noi. Forse il ripristino della
democrazia, dove è la maggioranza degli Italiani a governare, è di per sé il maggiore
beneficio di uscire dall’euro.
Ma torniamo alle cose pratiche e lasciamo pure da parte gli ideali astratti (democrazia?
Sovranità popolare? Interessano ancora a qualcuno?).
Dicevamo, uno stato sovrano a moneta sovrana può fare ciò che vuole, può fare un default
senza chiedere il permesso a nessuno (se non al 50,1% dei suoi cittadini) ed a maggior
ragione può convertire nella nuova moneta anche il debito pre-esistente, dopo tutto questa
montagna di debito una volta era in lire ed è stato convertito in euro (facendo un bel regalo
ai detentori di BTP di allora), perché non si dovrebbe poter fare lo stesso al contrario? Al
limite è persino possibile di pensare a offrire un indennizzo pari ad una parte della perdita
iniziale della lira contro l’euro. Quel 25-35% di svalutazione che dicevo prima, una perdita
che è facile immaginare si realizzerà nell’immediato, chiaramente colpendo i creditori dello
stato (eppure sempre meglio di un default). Ad esempio si potrebbe utilizzare come tasso di
conversione tra euro e nuova lira non quello del primo giorno dopo la nascita della nostra
nuova moneta sovrana, ma quello di un mese dopo, purché il debito finale sia tutto in
valuta sovrana.
Nessuno stato a moneta sovrana con cambio libero di fluttuare (e con debito pubblico
denominato in tale moneta sovrana) per quanto grande fosse quel debito, è infatti mai
fallito. Una volta che si ha la Banca d’Italia che fa da compratore di ultima istanza
(cioè il suo lavoro), è facilmente neutralizzabile qualunque livello di debito ed è
facilmente neutralizzabile il livello di interesse reale da pagare, cioè il costo di quel
debito.
Una volta che il tasso di interesse viene portato ad un livello reale nullo o addirittura
negativo (non è un tabù: lo stanno facendo in questo momento quasi tutte le nazioni
occidentali fuori dall’euro, dagli USA alla Gran Bretagna), esso non rappresenta più
un problema per uno stato che riesce a trovare il pareggio di bilancio (e noi siamo
ormai bravissimi in questo), perché i nuovi interessi fanno salire il montante del debito
di quanto l’inflazione lo fa scendere, si può anche avere oltre il 200% di debito su PIL
come ha il Giappone senza che questo sia un problema. Ma è chiaro che la Banca
d’Italia dovrà fare il suo dovere di controllare che i tassi di interessi stiano sulla curva
desiderata (un po’ sotto l’inflazione i BOT, un po’ al di sopra i BTP più lunghi), e che lo
Stato non si sogni di poter fare chissà quali pesanti deficit ora che si può monetizzare il
debito, per non incorrere in un eccessiva inflazione. Si potrà fare maggiore spesa pubblica
nei momenti di contrazione del PIL e austerità nei momenti di surriscaldamento
dell’economia, la politica economica di uno stato deve bilanciare il ciclo economico, non
aggravarne gli estremi come accade ora.
Voi ci pensate a quante cose in più si potrebbero fare se non si dovesse bruciare un 5%
annuo di PIL per pagare interessi reali sul debito usurari e li si potesse invece destinare a far
crescere l’economia italiana, ad esempio riducendo l’imposizione fiscale? E ci pensate a
cosa potrebbero tornare ad essere le aziende italiane in seguito ad una forte svalutazione
(competitiva)? L’Italia potrebbe tornare ad essere quella che era prima dell’avvento
dell’euro, speriamo solo con qualche vizio in meno e qualche virtù in più. Purtroppo una
volta che saranno stati licenziati i tecnici dell’austerità c’è il rischio che torni la classe
politica degli spreconi (a meno che oggi l’opinione pubblica abbia imparato ad essere un
elettorato meno indulgente verso certi comportamenti).
Ma anche con la corruzione e le ruberie (che comunque ci sono e ci saranno sempre, anche
con l’euro), con il familismo e le raccomandazioni, con gli imprenditori evasori e gli
immobiliaristi furbetti, l’Italia prima dell’euro era la settima potenza economica
mondiale, un Paese a benessere diffuso. Era un Paese che cresceva, dove molti
artigiani, commercianti e industriali prosperavano e creavano ricchezza che in larga
parte veniva redistribuita. Purtroppo nel frattempo un pezzetto del tessuto industriale
è stato smantellato e trasferito in Nord Europa o in Asia, ma potremo salvare ciò che è
rimasto e da lì tornare a crescere.
Riducendo la tassazione inaccettabile che è resa oggi obbligatoria per bruciare il 5%
del PIL in interessi reali usurari, si potrebbe far tornare la voglia di intraprendere agli
italiani (ovvio che andrebbe anche messo mano alla troppa burocrazia, posti dei limiti agli
effetti della globalizzazione e via dicendo, uscire dall’euro non è la bacchetta magica che da
sola fa i miracoli, ma di certo aiuta, è un buon primo passo nella direzione giusta).
Quando c’era la lira gliela facevamo vedere noi ai crucchi, pur con i nostri punti di
debolezza, è stato solo dopo che ci siamo messi a competere ad armi pari con chi era
più forte (o supportato da uno stato più sinergico e meno oppressivo, dotato di migliori
infrastrutture, ecc.) che loro si sono mangiati un 20% delle nostre esportazioni e della
nostra produzione industriale. Hanno dimostrato di essere più forti, bravi, avete vinto! Ma
che gusto c’è a continuare a giocare ad armi pari ora che abbiamo visto il vincitore nella
moneta comune? Se dovessimo continuare a giocare insieme è chiaro che dovrebbero essere
stabilite regole per pareggiare il livello, regole solidaristiche come quelle che ci sono tra le
diverse regioni di uno stesso stato. Sappiamo già fin troppo bene che nessun cittadino
tedesco o finlandese sarebbe favorevole con qualsiasi genere di solidarietà, nel Nord-Europa
lo spirito di fratellanza coi Paesi mediterranei è pari a quello che sente un membro del Ku
Klux Klan con un afro-americano. Ed allora che ognuno giochi con le sue regole! Anche
Lombardia e Calabria non potrebbero competere ad armi pari se fossero indipendenti
economicamente, possono stare nella stessa moneta solo su base di una fiscalità solidaristica
che re-distribuisca entrate ed uscite, ma la Germania ci ha fatto comprendere a chiare lettere
che loro non vogliono assolutamente la solidarietà (e in parte li posso pure capire, noi ce ne
approfitteremmo), neppure se si tratta di creare uno scudo anti-spread che miri ad ottenere
un tetto ai maggiori interessi sul nostro debito rispetto al loro! In termini assoluti il debito
pubblico italiano e quello tedesco sono simili, ma se li rinnovassimo ai tassi di oggi noi
pagheremmo 5 o 10 volte più interessi di loro! A loro questo sta bene, anzi avere il debito
finanziato indirettamente da noi (sono i capitali in fuga da titoli italiani e spagnoli alla
ricerca di un porto sicuro e liquido in euro, che schiacciano i loro rendimenti a zero mentre
fanno schizzare i nostri al 6%), che così ci sobbarchiamo pure qualche decina di miliardi
di interessi che altrimenti pagherebbero loro, è per loro il massimo della vita! Sono
meccanismi di mercato perversi che rubano ai poveri per dare ai ricchi, che anziché
ringraziare (ad esempio permettendo che lo scudo anti-spread limiti questa vergogna ad un
certo livello massimo) pretendono ancora di farci delle lezioni! Figuriamoci se può esserci
solidarietà se questi addirittura pretendono che gliela facciamo noi a loro la
beneficienza! Questa è solidarietà al contrario, aggiunge il danno alla beffa. Ma è
possibile che neppure questo sia sufficiente a farci rompere gli indugi e scappare dalla
moneta unica?
Ben venga l’assenza di solidarietà, non ne abbiamo bisogno, se ci avesse fatto stare
nell’euro ci avrebbe causato più male che bene, che si proceda ciascuno sulla propria strada!
Per certo non ci dovremo continuare a dissanguare per donare il sangue a loro che non ne
hanno bisogno alcuno!
Fuori dall’euro non occorrerà molto tempo prima che l’effetto della prevedibile
svalutazione della lira si traduca in recuperata competitività delle nostre imprese ai
danni di quelle tedesche. loro resteranno più forti di noi economicamente, ma almeno
Mi è stato domandato da un interlocutore: “perché mai i nostri imprenditori debbono essere
aiutati da una svalutazione competitiva per competere con i colleghi tedeschi, abbiamo degli
imprenditori di serie B che non riescono a competere alla pari?”. L’Italia ha molte cose di
serie B rispetto al Nord Europa, non lo nego, ma se una cosa che è il vanto dell’Italia è lo
spirito imprenditoriale dei suoi cittadini (sopravvive persino ora, dopo che tanto è stato fatto
per corromperlo). Il problema è che i nostri imprenditori non stanno competendo ad
armi pari nell’euro! Rispetto alle imprese nord-europee devono affrontare tutta una
serie di svantaggi (cui dopo l’uscita dall’euro, dovremo anche occuparci):
1. infrastrutture meno efficienti e capillari;
2. maggiore costo per l’energia;
3. maggiore cuneo fiscale;
4. minore accesso al credito ed a costi più proibitivi (anche in caso di emissione di
obbligazioni);
5. maggiori costi in termini di tempo e di soldi per la burocrazia;
6. giustizia molto lenta nel risolvere i contenziosi;
7. maggiori costi per via del racket e della corruzione;
8. concorrenza sleale da parte di imprese controllate dalla malavita organizzata;
9. tempi di pagamento da parte della Pubblica Amministrazione interminabili;
10. e soprattutto dover fare i conti con un mercato interno i cui consumi crollano!
E’ già un miracolo che con la sola svalutazione competitiva i nostri eroi fossero capaci di
compensare tutti questi svantaggi e fare dell’Italia la potenza che era diventata nell’era della
lira!
Occorre che uno spread si possa manifestare tra valute libere di fluttuare, per poter
equilibrare le cose. Altrimenti esso si manifesterà altrove, nel diverso costo del debito
pubblico, ma anche nello spread tra crescita di un Paese a spese dell’altro in termini di PIL,
produzione industriale ed esportazioni. Quel che è peggio, oltre tutto, è che oltre a non
poter fare la svalutazione competitiva, l’Italia debba averla subita da tutte le altre
nazioni fuori dall’euro-zona e debba continuare verosimilmente a subirla fino a che
l’euro resterà la moneta tedesca! Perché tranne il franco svizzero più o meno tutte le altre
valute si sono via via svalutate verso il maledetto euro. Come il caso emblematico della
Corea del Sud. Nell’epoca dell’euro la sua economia è sbocciata, il suo Pil è cresciuto molto
rispetto al nostro, la borsa coreana è prova di questo come dimostra la crescita della sua
borsa pari al 400% mentre quella italiana perdeva il 20%. Secondo voi il won coreano, la
valuta di questo miracolo economico, di quanto si sarà apprezzato verso l’euro “italiano”?
Ebbene, non si è apprezzata affatto, anzi se nel 2000 un euro comperava meno di 1000 won
oggi ne vale ben 1400! E svalutazioni di questo medesimo ordine di grandezza ci sono
piovute addosso da quasi tutte le altre nazioni a valuta sovrana al mondo!
Liberata l’economia dalla morsa dell’euro, potremo rinascere. Liberata l’economia dal
crollo dei consumi che esso comporta, dalla svalutazione competitiva di quasi tutte le
altre nazioni contro la nostra valuta, dalle vessazioni fiscali di uno stato che strangola
le proprie aziende, tanto quanto i propri cittadini, per onorare interessi usurari sul
proprio debito pubblico. Liberata l’economia dalle vessazioni dei mercati finanziari
non neutralizzati da una Banca Centrale che faccia il suo mestiere.
Liberata l’economia da tutti questi fattori che l’euro rende inevitabili, le nostre
industrie e aziende, o quello che ne sarà rimasto, riprenderanno ad essere competitive,
a crescere, a creare occupazione.
Sarà un nuovo inizio.
Fuori dall’euro l’Italia può rinascere.

Giuseppe Trucco

PS: L’Italia degli anni ’90, della lira, è stata la settima potenza economica mondiale, uno dei
maggiori paesi esportatori al mondo, un paese con forte coesione sociale e benessere
diffuso, forse eccessivamente assistenziale, come sono le mamme, ma forse anche per
questo il paese che tutti noi abbiamo imparato ad amare. E’ tempo di salvare questa
mamma, bisogna che i leader politici di questo paese individuino una exit strategy da questa
trappola monetaria mortale (conviene persino a loro se vogliono continuare a vivere e
godersi il loro maxi-vitalizio qui in Italia). Io purtroppo non ne conosco nessuno. Se
conoscete esponenti politici e condividete quanto avete letto, provate a sensibilizzarli.
Magari fate loro avere una copia di questo pamphlet. Potete tranquillamente riprodurlo
senza chiedere alcun permesso, salvo possibilmente citare la fonte.
Grazie

link al file in PDF
Non c'è ombra di dubbio che la prima parte di questo "manifesto anti euro" si stia realizzando soto i nostri occhi, purtroppo ancora molti Italiani sono disinformati, subiscono giornalmente il lavaggio del cervello da parte dei media, che ogni giorno ci propinano pseudo esperti che ci dicono come è bello l'euro, come ci salverà l'euro, come fuori dall'euro ci sia soltanto morte, disperazione e distruzione.
Ma la gente si sta svegliando, il problema è che apra gli occhi prima che sia troppo tardi, che si renda conto come ai politicanti che ci hanno portato a questo disastro vada negato il voto, come l'unione europea ci stia rubando le nostre sovranità, come da cittadini italiani ci stiamo lentamente trasformando in schiavi europei!

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